Lui e Lei, due Rebellis

Il 1975 porta con sé due eventi singolari che hanno una relazione con questi vini.  A New York i Ramones incidevano il loro primo brano “Judy is a Punk*”, un pezzo che ha segnato la storia del punk nel mondo (Anarchy in the Uk dei Sex Pistols uscì un anno dopo). Sempre nel ’75, all’Istituto di Ricerca di Friburgo, Norbert Becker realizzava un incrocio futuristico di varietà di viti che chiamò Solaris. Una varietà che ha parentele con il Riesling e il Pinot gris. Come vitigno si è diffuso sia in Germania che in altri paesi europei. In Italia è stato registrato nel 2013 grazie al lavoro dell’Istituto Agrario di S. Michele all’Adige.

I Rebellis che vi presento sono 100% Solaris, annate 2017 e 2018. In entrambe le bottiglie l’etichetta riporta in modo inequivocabile un’immagine dal sapore punk. Invita ad uscire dagli schemi classici del ballo e …del modo di fare viticoltura.  È infatti una viticoltura sostenibile quella praticata da Gianni Tessari, opposta a quella fatta di trattamenti chimici e vini costruiti. La vinificazione avviene con lieviti naturali e una fermentazione sulle bucce di 5-7 giorni. Ne risultano vini veri, arcaici per certi versi, che portano in bottiglia l’essenza del territorio e della filosofia produttiva

Il primo che vado a conoscere è il 2018. Bel colore dai toni caldi e solari. I profumi sono fragranti e fini, di fiori bianchi, di mandarino e mela. Il sorso è fresco e teso, elegante. Gli aromi si portano ricordi eterei, di miele e resine. Una leggera astringenza tannica fa da sponda alla morbidezza che si forma in bocca. È pronto e allo stesso tempo giovane, come un adolescente che ha bisogno di scaricare le tante energie che ha. Minerale, salino.

Il 2017 si presenta con potenza e un vestito completamente diverso, appariscente, con tutti i finimenti dorati. Rimanendo sulla metafora iniziale direi che ha le borchie e le catene. Un punkettone di quelli d’aver paura anche solo per come ti guarda. Ti pianta in faccia gli aromi terziari, di pietra focaia, d’arancia matura, candita. In bocca si moltiplica al quadrato e ti riempie come stessi masticando frutta sciroppata. Esagero nella descrizione ma la sensazione glicerica è ben presente. A sostenere tanta morbidezza c’è però una notevole sapidità, ci ritrovo il terroir vulcanico della zona e mi tornano ricordi di vini siciliani. Tanta sostanza per questo vino che nel 2018 ha ottenuto la medaglia d’oro ai Piwi Award. 

La sintesi del confronto potrei riassumerla dicendo che il 2017 è più immediato e imponente. Una  carta sicura da giocare in tavola. Ha raggiunto un’evoluzione tale che lo si può utilizzare sia durante una cena strutturata, magari con pietanze indiane aromatiche, piuttosto che in una serata rilassante ascoltando vecchi vinili e mangiucchiando quel che è rimasto in frigorifero. Un orange wine che non ti stanchi mai di sorseggiare.

La 2018 è più sofisticata, femminile, sensibile se si può dire. Ha il passo più corto e leggero, adoro sentire la delicatezza e la progressione vellutata degli aromi. Elegante e perfetta per un aperitivo. Immaginate una bellezza classica, l’abito lungo, nero, il portamento sicuro. Ma quando si avvicina scopri il piercing al labbro e il tatuaggio ‘Rebel’ sul collo. È lei ad approcciare. Wow ?.

I vini di Giannitessari regalano sempre belle emozioni.

Giannitessari, Via Prandi 10, Roncà (VR) – sito