Erhart Tutzer

La notizia della scomparsa di Erhart Tutzer è stata terribile. Lo avevo conosciuto esattamente un anno fa presso il suo Ploner hof a Marlengo. Eravamo da lui per una intervista che poi trascrivemmo sul libro PIWI La viticoltura Resistente. Erhart ci aveva accolto con grande disponibilità raccontandoci tanti aneddoti della sua vita da viticoltore e vivaista, facendoci poi visitare la tenuta. Alla fine ci donò con grande generosità il suo Solaris, vincitore per ben due volte alla rassegna PIWI di San Michele all’Adige e il Pinot nero riserva Exclusiv del quale ero e sono tutt’ora innamorato. Due vini eccellenti che raccontano della qualità raggiunta, sia con una varietà PIWI che con il principe dei vini.

Erhart è stato tra i primi a utilizzare incroci interspecifici e a collaborare con vari enti per il miglioramento genetico della vite, era questo il motivo della visita alla sua cantina. Ma come spesso accade queste visite si trasformano in momenti memorabili e lezioni di vita.
Di Erarht mi avevano colpito due aspetti, la grande professionalità e l’ironia. La professionalità intesa come precisione e cura nel fare le cose. La simpatia, quella la potete ancora leggere nei suoi occhi, nelle immagini che lo ritraggono.

Erhart Tutzer e Luca Gonzato

Sebbene non lo conoscessi a fondo è un gran dispiacere sapere che ci ha lasciato. Voglio ricordarlo su queste pagine di Vini e Viti Resistenti perchè ha dato molto alla viticoltura e al mondo dei PIWI. Spero che un giorno si possa intitolare a lui un premio in ambito vitivinicolo e ricordarlo così nel migliore dei modi.

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Di seguito la trascrizione integrale dell’intervista, una bella testimonianza di chi era Erarht

Erhart Tutzer – Ploner
Marlengo 28/4/2023

Noi qui abbiamo un’acqua molto buona, che usa anche la birreria Forst qui vicino a noi.
Sono membro della Confraternita del Vino altoatesino e di recente siamo stati a fare un viaggio in Slovenia e Croazia. La Confraternita ha 99 soci e non può averne di più. Non sono tutti vignaioli, ma contempla diverse professionalità, ma tutti amanti del buon vino.
Sono viaggi di studio e confronto, oltre a scambio di conoscenze.
La Confraternita comunque assaggia, non beve; nel senso che si vuol coltivare ed accrescere la cultura del vino, con consapevolezza e piacere.

Sono stato tra i primi in assoluto a trattare i PIWI, così come Rudi Niedermayr, Franz Josef Pfeifhofer e Werner Morandell.
Sono figlio di viticoltori, anche se abbiamo tracce che già dal XVI secolo la nostra famiglia era coinvolta con la viticoltura.
Ho iniziato con una attività di vivaismo a 17 anni. Vedevo il lavoro di mio padre, così ho intrapreso anche io quello che lui faceva, seppur solo per le nostre vigne. Volevo essere da subito indipendente economicamente, così avevo l’idea di creare una impresa viti-vivaistica. Ero minorenne, ma ebbi la garanzia da parte di mio padre. Così mi venne dato il n°36, ossia ero il trentaseiesimo vivaista nella provincia di Bolzano. Solo dopo pochi anni però rimanemmo in 12. Avevo una conoscenza e capacità data e tramandata dalla famiglia, così da subito frequentai il Centro di Laimburg.
Oggi i 2/3 dei vitigni impiantati in Alto Adige portano la mia impronta. Poi estesi la mia pratica anche ad altre regioni, per poi espandermi in Europa e poi in tutto il resto del mondo.
Diventai il secondo più grande vivaista privato, dopo la Cooperativa di Rauscedo.
Creai InnoVitis, che non esiste più dal 31/12/2022
Tutzer Vivai è stata la mia azienda
Sono diventato fornitore delle più rinomate cantine italiane e non solo. Accenno solo ad Angelo Gaja, Antinori, una dozzina a Montalcino, i top in Sicilia. Ho contribuito all’estensione anche di una realtà come Mezzocorona.
Nel mio catalogo ero arrivato ad avere sino a 120 varietà nazionali ed internazionali.
Ho una collezione unica di 172 cloni di Pinot Nero, che sono ad oggi ancora in (mia) produzione. È la più grande in Italia e la terza in Europa: la prima è al centro di ricerca di Beaune in Francia, la seconda è a Friburgo.
Il maso Ploner Hof quando ’ho acquistato non c’era vite piantata: ora abbiamo 5 ettari, dove prima c’erano le mele. Attualmente il 55% è coltivato a Pinot Nero, il 25% a Sauvignon Bianco e 10% a Riesling Renano. Nelle zone più calde dell’azienda ho messo il Riesling, dove ci sono differenti sbalzi termici.
Tra i 17 e 18 anni ho frequentato il Centro di Laimburg, dove proprio in quegli anni è iniziata l’attività scolastica e di insegnamento. Abbiamo iniziato in 12, poi siamo rimasti in 9. Era il 1962 -1963. Mio compagno di studi e di corso era Josef Reiterer, oggi emblematico capostipite di Arunda.
Non abbiamo Solaris, anche se lo produciamo: questo è un terreno che non è idoneo per il Solaris. E’ un vitigno di alto potenziale di resa zuccherina.
Un giorno si presenta da me un certo Manfred Fuchs, che non conoscevo. Egli era una persona della Val Venosta, che lavorava da tempo per la NASA. Conobbe in Germania una ragazza, che poi diventò sua moglie, che fu il tramite per interessi lavorativi, che lo portarono a lavorare per un progetto spaziale europeo. Fu lui che ideò il sistema satellitare europeo Galileo. Così mi raccontò che era originario di Latsch in Val Venosta ed aveva da poco acquistato il Castello Schloss Annenberg. Così gli dissi che anche io ero nato in quella zona, quindi conoscevo bene il territorio al quale ero anche legato da un sentimento personale. Diventammo subito amici e lui mi chiese, in base anche alla mia esperienza e conoscenze, se fosse possibile impiantare vigna lì attorno al castello. Qui però siamo al limite per la viticultura, tant’è che c’erano solo pascoli, ma ritenni fosse una bella sfida.
In Alto Adige non andiamo oltre gli 800-900 metri. Così se si vuole piantare qualcosa, non deve avere sviluppo vegetativo in altezza, ma deve stare abbastanza vicino al terreno; è necessario fare basse rese e attente vinificazioni. Così decidemmo 9 anni fa di piantare Solaris tutto attorno al castello per circa un ettaro. Piantammo anche, un po’ per prova, del Pinot Nero, del Kerner e del Zweigelt. Però tutte le uve del mio Solaris arrivano da lì: io le vinifico, le affino e le imbottiglio: poi 50% sono ed escono come Ploner ed il resto sono quelle di Castel Annenberg.
Di questo Solaris ne faccio in media 2400 bottiglie all’anno, ossia 1200 per ognuno. Decisamente una bassa resa, ma questo è necessario per aver qualità.
Werner Morandell ha piantato Solaris sul Passo della Mendola a circa 1200 metri, il compianto Franz Haas lo aveva piantato in Val di Fiemme a quasi 1400 metri ed ora ce ne è uno sul Renon a 1500 metri sul livello del mare.
Ho piantato anche vigne di Solaris in Siberia, così come a Trondheim in Norvegia.

40 anni fa collaborai con vari istituti di ricerca. Da principio con l’Istituto per la Viticoltura e l’Enologia di Kecskemét e Pècs in Ungheria. A suo tempo erano molto più avanzati ed erano supportati dallo Stato.
Portai così le prime piante in Alto Adige, anche se non era concesso poi re-impiantarle.
Ci tornai addirittura con una macchina della regione trentina, con un mandato specifico per poter importare materiale vivaistico. Ebbi però diversi problemi per il trasporto, ma per problemi burocratici e di permessi. I primi vitigni portati furono: POLOSKEI MUSKOTALY e BIANCA.
Poi nacque anche la collaborazione con Friburgo al tempo dell’incrocio del Regent.
Ebbi una bella amicizia anche di lavoro con il Responsabile della Ricerca sui Resistenti di Friburgo. Rapporto marginale con il Dr. Johannes Zimmermann dello Julius Kuhn Institute, dove venne sviluppato lo Johanniter.
Ero parte dell’Istituto di Geisenheim, che lavorava prevalentemente sui porta innesto.
Fondai una società (SUVI) che faceva porta innesti per vivaisti tedeschi: negli anni ‘70 e sino inizio anni ’80, il 70% dei portainnesti usati in Germania veniva da vivai Tutzer.
La mia esperienza con il Solaris si può far risalire a circa 20 anni fa, vedendo quanto fatto in Germania. Lo portai poi in Italia, quando non era ancora concesso e consentito.
La viticultura è qualcosa legata al territorio, per cui già dal 2003 iniziai a fare innesti ed incroci tra vitigni tradizionali e locali con varietà resistenti.
Alexander Morandell, attualmente Presidente di PIWI International, era un dipendente di Laimburg e lo assunsi come direttore commerciale di Vivai Tutzer. Prese in mano il settore commerciale e l’azienda arrivò ad avere sino a 52 dipendenti. Si producevano sino a 5 milioni di barbatelle all’anno. Ero certamente il primo in Alto Adige. InnoVitis la creammo nel 2007 con Armin Morandell, un vivaista di Cornaiano, dedicata ai vitigni autoctoni. Ora è chiusa.
Come co-fondatore della Confraternita del Vino posso lavorare la vigna di Souvignier Gris sopra a Laimburg, dalla quale ricavo circa 100 bottiglie solo per la Confraternita. È un vigneto mai trattato.

Il Souvignier Gris della Confraternita

Il Solaris è un vitigno con alto potenziale zuccherino, che può arrivare a superare i 22 gradi Babo; è quindi importante vendemmiare nel momento giusto. Se lo si raccoglie troppo presto si trovano note verdi ed un tannino che disturba. Produce sino a 3 grappoli a tralcio; si possono arrivare potenzialmente a 300 quintali ettaro. Resiste molto bene al freddo anche a temperature molto basse. Come dicevo l’ho fatto piantare anche in Norvegia ed in Siberia. Per i trattamenti, in certe zone, potrebbe richiedere massimo 1 o 2 trattamenti per l’Oidio; per la Peronospora non è necessario, poiché resiste molto bene.
In cantina si può dire che “va da solo”. Le note olfattive le si trova già in fermentazione. I tannini non sono avvertibili, se in vigna non lo “si spinge troppo”, quindi tenendo una resa al di sotto del 100 quintali/ettaro. Se si hanno annate calde il vino può essere pronto già a Febbraio o Marzo per essere imbottigliato; altrimenti si può attendere Giugno o Luglio.
La componente acida è sempre abbastanza alta, che compensa il volume alcolico, quindi è certamente un fattore positivo. Va solo per amalgamata e gestita per non aver squilibri.
Per mia esperienza posso dire che è bene seguire la fermentazione con temperature controllate, non oltre i 17-18°C, così da ridurre la velocità di fermentazione. Io uso preferibilmente l’acciaio, anche perché lo vinifico secco e fermo.
In merito alla longevità posso dire che il vino mantiene la sua essenza, ma cambia: forse perde un pochino di eleganza e non può avere una evoluzione come un Riesling, ad esempio. È un vino che ritengo sia bene consumare nel giro di 4 o 5 anni: per lo meno come lo vinifico io, con i terreni che abbiamo noi e le condizioni pedoclimatiche altoatesine.

Il Souvignier Gris si sta vedendo essere una varietà molto interessante, anche se richiede altitudini minori, come ad esempio quello che coltiviamo vicino a Laimburg a circa 250 metri. Bisogna stare attenti che non si verifichi il disseccamento del rachide, ma poi per il resto è molto bello in vigna. È un ottimo vitigno che dà molto valide espressioni.

Buon viaggio Erhart