Istantanea sui Piwi 2021

La vendemmia 2021 segnerà la nascita di tanti nuovi vini da uve Piwi vinificate per la prima volta. Ma quante sono le cantine e i vini prodotti in Italia da varietà resistenti?

I numeri raccolti sono certamente in difetto, si basano su rilevamenti fatti attraverso ricerche sul web e segnalazioni. Un lavoro meticoloso che però esclude i piccoli produttori che non hanno una presenza come sito/social, oppure che hanno una micro-produzione con distribuzione locale difficile da intercettare.

I numeri raccolti da vinievitiresistenti.it parlano di 126 produttori distribuiti perlopiù in 4 regioni e di 214 vini Piwi “made in Italy” di cui 150 degustati e recensiti sul sito.
Il Trentino Alto Adige guida la classifica dei produttori e dei vini con 54 cantine e 115 vini.
Segue il Veneto che registra una forte crescita con 43 cantine e 72 vini. In Lombardia si trovano 16 cantine e 18 vini mentre in Friuli Venezia Giulia sono 12 le cantine e 9 i vini prodotti.

Le varietà iscritte al Registro Nazionale sono arrivate a 36 ma di fatto quelle maggiormente utilizzate sono 3: Solaris, Bronner e Souvignier Gris.
Generalmente sono piccoli produttori con pochi ettari e uno o due vini realizzati. Solo in Trentino Alto Adige si hanno situazioni consolidate e una produzione più ampia e diversificata.

I vini Piwi in commercio si differenziano in modo sostanziale sia per qualità che per prezzo. Si va dal Bronner Veneto IGT in “bag in box“ da 3 litri venduto a 15,90 cioè poco più di 5€/litro fino ad arrivare ad uno Johanniter Vigneti delle Dolomiti IGT, da 100€ a bottiglia prodotto in Trentino. Tra questi estremi ci sono tutte le sfumature qualitative e le variabili di prezzo. Generalmente si trovano ottimi vini nella fascia di prezzo tra 15-30€. Qualitativamente migliori in presenza di terroir vocati ma vi sono anche belle sorprese da zone che riscoprono la propria vocazione viticola, persa nel corso dei secoli o soppiantata da altre coltivazioni. Come per i vini “tradizionali” anche i Piwi riportano nel calice il proprio territorio differenziandosi in vini di montagna, collina e pianura. Esprimendosi quindi in modo diverso per quanto riguarda l’intensità aromatica, la struttura, la finezza, la complessità ecc.

Nel 2021 sono arrivati sul mercato tanti vini bianchi “col fondo”, frizzanti e beverini. Anche i macerati diventano sempre più numerosi e interessanti. Complice il fatto che tanti hanno scelto l’anfora come materiale di vinificazione e affinamento. I produttori della prima ora hanno confermato l’alta qualità dei propri vini (prevalentemente bianchi), certificata dalla presenza sulle guide di settore.
I rossi in commercio sono ancora pochi e perlopiù ottenuti da vecchie varietà coltivate in Alto Adige ma iniziano a vedersi vinificate le nuove cultivar resistenti derivate da Merlot e Cabernet coltivate in Veneto. Oltre ai vini esistono 3 grappe da vinacce Piwi, un amaro e un 1 aceto di vino.

La diffusione delle varietà resistenti porta con sé un miglioramento generalizzato della sostenibilità ambientale ma le interpretazioni e finalità di scelta sono talvolta diverse. Da una parte si nota un approccio più “filosofico”, di scelta di vita e di ricerca del prodotto più salubre possibile in un contesto di “naturalità” (biologico, biodinamico, lieviti autoctoni ecc.). Una produzione di vini spesso artigianali, espressivi di un territorio e dell’idea del produttore. Vini identitari che regalano nuovi aromi e prospettive gustative diventando alternative concrete ai migliori vini tradizionali.
Dall’altra parte, e per fortuna sono ancora pochi, c’è un approccio più commerciale, volto ad ottimizzare i costi e proporre vini di media qualità che poco si distinguono da altre produzioni tradizionali. Posizionati nella fascia bassa di prezzo.

Ma quale è la direzione giusta da prendere per le varietà resistenti, omologazione o differenziazione?, qualità o quantità?, indirizzo biologico o liberi tutti di seguire le proprie regole che contemplano prodotti chimici sistemici, diserbanti ecc.?.
C’è chi vede i Piwi coltivati su larga scala per incidere davvero sull’impatto ambientale, seppur confinati nella produzione di vini da tavola, e chi invece ne trae vini unici che conquistano premi e riconoscimenti d’eccellenza.
Il futuro delle varietà resistenti si sta scrivendo adesso, è ormai evidente che una strada non esclude l’altra. Così come per le varietà tradizionali puoi trovare un Merlot insignificante da 3 euro ed uno strutturato e ampio affinato in barrique da 30 euro, succede anche nei Piwi di assaggiare espressioni dello stesso vitigno lontane anni luce.

Certo che dopo anni in cui i Piwi hanno faticosamente conquistato ettari di terreno e soprattutto qualità enologica e gustativa, sarebbe un peccato vederli finire sullo scaffale più basso del supermercato anziché su quello centrale dell’enoteca.

Questa è un piccola istantanea fatta dalla prospettiva di un consumatore appassionato e curioso.
Quale è il futuro di questi vini che vedi o immagini dalla tua posizione?